«La Veranda» dalla Calabria al Lussemburgo, un viaggio lungo e lontano nel tempo
Lussemburgo - Un viaggio che ha condotto alla realizzazione di obiettivi e di sogni. Un viaggio grazie al quale sono stati esportati sapori, odori e colori della cucina del Bel Paese. Un’esportazione colma di orgoglio e consapevolezza, quella di essere parte integrante di un’identità da sostenere e tutelare.
Si respira aria di casa, a “La Veranda”. Le parole d’ordine sono cordialità e calore, quelli del profondo sud italiano che fanno mostra di sé, puntando sul rispetto profondo per le tradizioni che si trovano a rappresentare.
Un rispetto della tradizione che si traduce in rispetto per il cliente, attraverso il desiderio di poter offrire una cucina che sia sempre in linea con la stagionalità e l’origine dei prodotti che ne sono alla base.
Un piccolo angolo d’Italia in Lussemburgo. Una validissima parentesi di Made in Italy all’estero, quello che va sostenuto e raccontato, sempre.
Rivolgiamo qualche domanda al proprietario.
Iniziamo con i fondamentali, qual è il punto forte de «La Veranda»?
«Ciò che più ci preme è far capire alle persone che lavoriamo solo prodotti di prima qualità, sempre freschi e di stagione. I clienti ci conoscono, e tornano, per quello. Altro elemento che ci caratterizza e che cerchiamo costantemente di valorizzare è l’ambiente familiare, la cordialità che si respira fin dall’apertura della porta del nostro ristorante. Quando un cliente entra, si deve sentire a casa.»
Quali sono le ragioni che l’hanno spinta a spostarsi dall’Italia?
«La ragione è forse quella più comune, la mancanza di lavoro. Ho cercato una diversa prospettiva, e l’ho trovata. Sono partito dalla Calabria all’età di diciassette anni, giovanissimo, adesso ne ho quarantasette. Già all’epoca il mio obiettivo era quello di poter aprire un’attività tutta mia e, lavorando sodo, pian piano e con molti sacrifici, ci sono riuscito.»
Quando nasce il suo amore per la cucina?
«Io sono letteralmente cresciuto nella ristorazione. Il mio interesse, le mie forze ed i miei obiettivi sono da sempre stati rivolti a questo mondo, fin da bambino.»
Un finissimo dessert: panna cotta all’amaretto con coulis di caramello
In che modo ha scelto di gestire il menù? Com’è strutturato?
«Ci sono dei piatti che riusciamo a proporre tutto l’anno, non essendo soggetti ad un’eccessiva componente stagionale. A questi, ogni quindici giorni, si aggiungono le diverse proposte dello chef, per riuscire a proporre una maggiore varietà e possibilità di scelta, soprattutto ai clienti abituali.»
Quali sono i piatti che preferisce proporre, quelli su cui punta di più?
«Puntiamo moltissimo sul nostro laboratorio di pasta fresca, soprattutto su quella ripiena. In realtà, fatta eccezione per gli spaghetti, tutta la pasta che proponiamo, attraverso il nostro menù, è prodotta da noi. Dalle materie prime al prodotto finito. Evito in toto la lavorazione di prodotti congelati; per la creazione di un piatto di pasta preferisco iniziare dalla farina, per poi arrivare al sugo. E’, in tutto e per tutto, una mia creatura.»
Qual è la clientela con cui più spesso si rapporta?
«La clientela è molto variegata, anche perché la nostra attività di ristorazione è coadiuvata da quella alberghiera, sempre di nostra proprietà. Noto una certa affluenza di portoghesi, ma anche lussemburghesi e, ovviamente, italiani in vacanza.»
A proposito di italiani vacanzieri, com’è il loro approccio alla promessa di una cucina italiana, fuori dai confini dello Stivale?
«Gli italiani, e lo sappiamo bene, sono i più diffidenti. Quasi suscettibili, quando si parla di ristorazione italiana all’estero. Noi ci cimentiamo anche con la pizza, ad esempio, e lì scattano sempre i dubbi sulla bontà e l’autenticità del prodotto; noi invitiamo semplicemente a provare, nel 90 per cento dei casi, anche i più reticenti apprezzano, si complimentano e tornano.»
In merito all’approccio dei lussemburghesi, proponete loro qualche tipo di contaminazione culinaria per avvicinare le diverse abitudini culinarie?
«Sicuramente sono due cucine completamente diverse. I lussemburghesi cominciano ad avere un’idea più chiara della cucina italiana grazie al turismo ed alla scoperta di nuovi sapori. Per quanto riguarda l’idea di contaminazione, ne restiamo lontani. La nostra proposta di cucina italiana è, e resta, fortemente legata ad una visione non solo tradizionale, ma anche fortemente stagionale. E viene apprezzata soprattutto per questo.
L’inserimento di piatti della tradizione francese o lussemburghese avviene, certo, ma non attraverso l’idea della contaminazione o della fusione.
Rispettiamo entrambe le tradizioni culinarie, proponendole nella loro purezza.»
E’ presente nel locale una selezione di vini?
«Sì, abbiamo una selezione di vini a cui teniamo molto, e sono tutti italiani.»
Utilizzate prodotti che arrivano direttamente dall’Italia?
«Lavoriamo prettamente prodotti DOP, e questo è un grande vanto. Ovviamente, voler portare avanti tale politica, ci rende strettamente legati alla stagionalità dei prodotti ed alle condizioni climatiche. La verdura proviene quasi esclusivamente dalla Puglia con arrivi settimanali, mentre grande attenzione viene prestata anche a prodotti come la mozzarella di bufala ed i salumi, questi ultimi provenienti soprattutto dalla Calabria.»
«I ragazzi che lavorano con noi sono tutti giovani, italiani e portoghesi. In cucina siamo tutti italiani, compreso il pizzaiolo. Mentre in sala c’è il responsabile che lavora con me da quasi dieci anni, ed è portoghese.»
Avete progetti per il futuro?
«Abbiamo già aperto una seconda attività, “La Veranda 2”, e puntiamo a migliorarci, costantemente, tenendo sempre alti i nostri standard.»