Operacaffè: a San Diego continua la grande tradizione toscana
“Mollo tutto, cambio vita”...Chi non l’ha pensato almeno una volta? Magari dopo una stressante giornata di lavoro, e un ritorno a casa problematico per il traffico in tilt. C’è chi l’ha fatto davvero, portando la grande tradizione italiana dall’altra parte dell’oceano e trovando il successo. La chef Patrizia Branchi e il marito Roberto si sono lasciati alle spalle una lunga tradizione nella ristorazione in Italia, con “L’Osteria delle Tre Panche” a Firenze. La loro nuova vita è in California, nell’assolatissima San Diego, dove, in pieno centro, hanno un locale di gran successo, l’Operacaffè.
Patrizia, avevate un avviatissimo ristorante a Firenze, ma avete deciso di mollare tutto e trasferirvi in California. Può dirci perché?
«È successo tutto un po’ alla volta: io e Roberto siamo arrivati qui come consulenti per un ristorante italiano che stava per aprire. All’inizio, a turno, facevamo la spola tra Toscana e California. Poi il ristorante ha aperto e ha avuto un grande successo. I proprietari - che non avevano esperienza nella ristorazione - ci hanno chiesto di diventare soci e gestirlo. Ci abbiamo pensato un po’ su e infine, nel 1993, stregati dal sole della California, abbiamo deciso di mollare il traffico e trasferirci qui. Operacaffè è nato nel 2008, eravamo stanchi di lavorare alle dipendenze e ci siamo messi in proprio».
Dove si trova il vostro locale?
«Siamo nella vecchia San Diego, nel centralissimo quartiere di Gaslamp, uno dei più vivi, sotto tutti i punti di vista. Moltissimi nostri clienti sono businessmen che magari alloggiano negli hotel qui vicino per delle convention, molti altri invece sono gli spettatori del Balboa Theater, che si trova dall’altro lato della strada. È un teatro di fine 800 che è stato ristrutturato e da poco ha ripreso l’attività culturale. Per cui, prima degli spettacoli, gli spettatori vengono a cena da noi. Sono tantissimi anche gli italiani in vacanza che vengono a mangiare qui».
Ecco, cosa si mangia all’Operacaffè?
«Il nostro è un classico menù italiano, che logicamente guarda molto la Toscana. Quello che ci contraddistingue, però, è la freschezza delle preparazioni. Facciamo tutto al momento: le uniche cose che cuciniamo in anticipo sono le pietanze che richiedono una lunga cottura, come il ragù, l’ossobuco o il minestrone».
Qual è il piatto che vi contraddistingue?
«Siamo famosi per il nostro ossobuco alla milanese da mezzo chilo, ma anche per gli ossobuchini di cinghiale. Poi vanno molto le pappardelle fatte in casa all’anatra, i ravioli del fattore con ricotta, spinaci e sugo ai porcini. Infine, un piatto che porto nel cuore, perché lo servivamo anche a Firenze: le penne Portofino, con aragosta e “pink sauce” alla vodka. Più in generale direi che il nostro menù si vende benissimo nel complesso».
Le materie prime che utilizzate sono tutte italiane?
«Quelle fondamentali per le preparazioni sì. Dall’Italia acquistiamo la pasta, la farina, il pomodoro e la mozzarella per la pizza e poi prosciutti e salumi. È più difficile fare lo stesso discorso con carne fresca e pesce, ma qui li troviamo di ottima qualità. Dalla Toscana, poi, prendiamo i salumi e i formaggi che serviamo nei taglieri da antipasto».
Che vini offrite nella vostra carta?
«Per la maggior parte italiani, abbiamo moltissime etichette del nostro Paese, ma qui in California c’è una grande attenzione ai vini locali e alle produzioni giovani. Spesso mettiamo in selezione vini della Napa Valley o dell’Australia».
In conclusione, cos’è che vi caratterizza e vi rende unici rispetto agli altri?
«Il fatto di avere un solido passato nella ristorazione in Italia. È grazie a quello che riusciamo a rispettare le nostre tradizioni in cucina. Sono io a supervisionare direttamente il lavoro dei miei collaboratori e a preparare salse e basi, per far sì che i nostri piatti abbiano un autentico sapore italiano».