Marcello's a Cork: il richiamo del gusto italiano
«Marcello, come here…». Sostituendo i protagonisti, la citazione dalla “Dolce Vita” di Federico Fellini è l’ideale per raccontare la storia di questa eccellenza italiana. Marcello non è Mastroianni, ma Liotta, istrionico chef romano. L’avvenente bellezza che lo chiama a sé non è Anita Ekberg, ma la verde Irlanda, della quale Marcello ha sentito il richiamo e nella quale è andato in cerca di fortuna nel 1999. Qualche anno per ingranare e poi, nel 2002, l’apertura del suo primo ristorante, a Bandon.
Poi la “consacrazione” nel 2014, con il trasferimento a Cork, con la complicità della moglie Natasha. Il locale che porta il suo nome (Marcello’s) è diventato un punto di riferimento non solo per gli italiani d’Irlanda (che non sono pochi), ma anche per i vegani, essendo uno dei pochi ristoranti ad avere un menù a loro dedicato, e per la clientela intollerante al glutine, che può contare su gustose opzioni.
«Cucino da quando ho sette anni, ho sempre adorato essere apprezzato per qualcosa che ho creato personalmente - racconta Marcello - ho lavorato in diverse cucine prima di decidere di trasferirmi in Irlanda e tentare una nuova vita. Le cose andavano bene anche a Bandon, ma era una cittadina troppo piccola per le mie ambizioni e con una clientela non troppo ricettiva. Non potevo sbizzarrirmi in cucina, per questo non appena ho potuto ho aperto il mio locale qui a Cork».
Che tipo di ristorante è il “Marcello’s”?
«Siamo un ristorante italiano che cerca il giusto compromesso tra la tradizione gastronomica del nostro Paese e il gusto degli irlandesi, senza rinunciare alla qualità. Da quello che vediamo, crediamo di esserci riusciti, perché anche i clienti italiani, tantissimi, escono sempre soddisfatti, e soprattutto ritornano».
Qual è il piatto forte del vostro menù?
«Sia tra la clientela irlandese, che tra quella italiana, siamo diventati famosi per le nostre tagliatelle “surf&turf”. Una versione rivisitata della mari e monti, in cui trovano spazio salsicce (rigorosamente italiane), gamberetti, vongole e funghi. Può sembrare un azzardo, ma è il nostro piatto più apprezzato. E, logicamente, anche la pizza, che cuociamo dopo una lievitazione di 36 ore, è richiestissima».
Prima parlava di “compromessi” tra tradizione e gusto locale. Può fare degli esempi?
«Mi viene subito in mente la Carbonara: da romano, mai mi sarei sognato di metterci la panna, ma qui la chiedono tutti, amano il tocco di cremosità in più che dà al piatto. E così, come ho scritto anche sul menù, ne metto dentro appena un velo. Oppure, sempre sfatando un altro tabù della cucina italiana, mi sono inventato i ravioli ripieni di pollo. Guai a servirli in Italia, ma qui vanno alla grande».
Da dove nasce, invece, la scelta di offrire un menù dedicato ai vegani?
«È una “questione di famiglia”. Mia sorella e mio cognato, a Roma, gestiscono un ristorante che coniuga la cucina tradizionale del Lazio a un’offerta vegana e senza glutine. Sono stati loro a ispirarmi, credo sia giusto che i vegani trovino una carta apposta per loro, un’offerta gastronomica vera e propria e non debbano limitarsi a scegliere tra i due o tre piatti che, per caso, non contengono carne o alimenti di origine animale».
Cos’è che vi rende unici rispetto ad altri ristoranti italiani?
«Sicuramente il fatto di avere molta Italia in cucina e non solo. Parlo delle materie prime, come i pelati della pizza, che arrivano rigorosamente dall’Italia. Ma anche del personale, assieme a me in cucina ci sono altri due cuochi italiani e il nostro pizzaiolo è napoletano verace. Infine, tutto quello che si vede nel ristorante, arredamento e suppellettili, la vernice delle pareti, viene dall’Italia: sono andato a prenderlo personalmente con un furgone».
Avete avuto riconoscimenti particolari?
«Come dicevo prima, quello che ci rende più orgogliosi è il fatto che siano gli stessi clienti italiani a elogiarci, a dire che quando vengono qui si sentono a casa».
Progetti per il futuro, magari un rientro in Italia?
«Si pensa sempre al futuro, ovvio. Non bisogna mai fermarsi. Mi piace sempre tenere in moto al cervello, pensare a nuovi progetti. Non escludo il ritorno in Italia, ma non prima di qualche anno».
Allora non resta che aspettare che Marcello senta un altro richiamo e torni nella sua amata Roma. Non per fare il bagno nella Fontana di Trevi, ma per aprire un ristorante.
ID Anticontraffazione di Eccellenze Italiane n. 8409
Di Alessandro Giannace