Una voce da Norcia: parla Arianna Verucci, proprietaria della Cioccolateria Vetusta Nursia
Non era ancora estate quando, assieme al mio collega di redazione, Carlo Vincenti, ho visitato per la prima volta Norcia. Un borgo antico, che ricorda la mia Assisi.
In quell’occasione abbiamo fatto visita alla Cioccolateria Vetusta Nursia di Arianna Verucci, un’eccellenza italiana della quale abbiamo gia’ avuto occasione di parlare.
Ma vogliamo farlo ancora, e non soltanto per ricordarne una volta di piu’ l’alta qualita’, il prestigio e la lunga tradizione famigliare.
Seppure sul limitare della primavera, quel ritaglio di tempo dove la montagna sprigiona nell’aria frizzante tutto cio’ che la terra ha di meglio da offrire in quanto a profumi, la Cioccolateria, prima di ogni altra cosa, fu per me una questione di olfatto.
Essa infatti cominciava ben prima di conoscerla, la’ dove, lungo la strada, l’aroma denso del cioccolato, del cacao, delle creme e dei golosi impasti si mescolavano ai sentori silvestri dei mughi e del sottobosco.
“Questo e’ un luogo da ritornarci”, mi sono detto.
Raggiunta l’entrata, bonariamente accolti e presentati, il profilo professionale della visita si e’ subito dissolto nell’incedere degli assaggi: frammenti di cioccolato alla nocciola, al latte o di cacao purissimo; fino agli accostamenti piu’ improbabili, che videro il cioccolato sposarsi con il tartufo o il peperoncino.
Nel tempo di una breve attesa, gia’ bendisposti dalla dolcezza dei sapori, abbiamo piu’ volte circumnavigato il cuore del locale, l’invitante isola rettangolare carica di dolciumi di ogni sorta.
La vista, ammaliata, spaesata, ebbe la sua parte: vacillando a destra e sinistra, spostandosi da un prodotto all’altro, raggiungendo infine il bancone dietro il quale, esposti, fumigavano ancora i biscotti appena sfornati. Nulla piu’ di un accenno, questo, riguardo alla piacevole e gradita visita presso la Cioccolateria Vetusta Nursia.
La voce triste e rotta che risponde non collima con la solare, ilare figura che resiste nella mia memoria: e ne comprendo bene le ragioni. «Dormiamo in una roulotte, e rischiamo di perdere tutto. Anche l’attivita’.”
La signora Verucci parla a cuore aperto: mi spiega che, per la loro incolumita’, non possono rientrare nel centro storico di Norcia. Non possono mettere piede nelle abitazioni.
Come non bastasse anche la Cioccolateria ha subito gravi danni: “il terremoto ha severamente danneggiato una trave portante del laboratorio, e temiamo che alla prossima scossa di media intensita’ possa crollare tutto. Perderemmo i macchinari, le attrezzature, sarebbe la fine dell’attivita’”.
Ma com’e’ possibile, mi chiedo tra me e me, che non si possa fare nulla? Spostare i macchinari, rinforzare la trave, cercare anche soltanto una soluzione precaria, ma che dia un attimo di sollievo… .
“Non possiamo fare niente privatamente, nessuna iniziativa”, mi anticipa la proprietaria: “altrimenti, per via di un decreto, lo stato non ci risarcisce”.
Norme anti-sciacallaggio, contro la speculazione: giustissimo, dopotutto, che lo stato si interessi a prevenire la meschinita’ di chi ha il fegato di lucrare sulle disgrazie.
Ma cio’ non toglie che il suo sforzo debba essere rivolto soprattutto a preservare cio’ che puo’ essere ancora sottratto al bilancio della triste situazione, ad intervenire tempestivamente con tutte le risorse necessarie: “non bastano i pompieri e la Protezione civile” mi informa la signora Verucci “fanno quello che possono, non si risparmiano mai, ma non sono sufficienti per l’emergenza che stiamo vivendo.
Serve l’intervento dell’Esercito, misure immediate per la popolazione, e servono soprattutto disposizioni dello stato che assicurino a tutti gli abitanti del posto di ricevere aiuti economici per poter riprendere e proseguire le attivita’ sul territorio. Altrimenti la gente e’ costretta ad andarsene”.
Non le parole, non l’immagine che si accumula come una singola maceria mi lasciano basito, ma il dolore, la disperazione di chi ha gia’ perso molto e rischia di perdere tutto.
“E per fortuna,” aggiunge placidamente la proprietaria della Cioccolateria Nursia, “che era domenica, e che durante la notte era scattata l’ora solare. Altrimenti…”.
Bene, penso ancora tra me e me, questo e’ un punto da cui ripartire.
Da una fortuna; per esempio quella che lo stato italiano non deve dimenticare: cosciente – come certamente e’ – che la sua economia e’ fatta soprattutto da imprese di famiglia le quali, appoggiandosi alla tradizione e impegnandosi a tramandarla di padre in figlio, aggiungono alla qualita’ un valore rituale, una forma di rispetto e di concezione del lavoro senza i quali sarebbe impossibile parlare oggi di Made in Italy.
Ci auguriamo, dunque, che lo stato intervenga il piu’ presto possibile per preservare la lunga storia della Cioccolateria Vetusta Nursia, assieme a tutte le altre attivita’ che come essa sono state messe duramente a repentaglio dalla recente calamita’ naturale.
Giangiacomo Morozzo