Il Re del Farro abita in Valnerina
A volte l'eccellenza è un passo a due tra storia e prodotto: un contrarsi dei fatti nella remota lunghezza dei possibili. Un concomitare dei casi che si laurea ad opportunità, quando, per esempio, una situazione sembra metterci alle strette e invece... invece la caparbietà, la tenacia stillano dalle difficoltà l'amabile succo dell'intraprendenza.
È quanto di vero si possa dire, almeno, nel caso della società agricola "Paoletti Giuliana". L'azienda, situata nella Valnerina, è di proprietà della famiglia Cicchetti. Il signor Luca, nipote del promotore di questa iniziativa, suo nonno Renato, ha risposto ad alcune domande per noi.
Signor Luca, l'azienda è dunque una questione di famiglia?
«Sì, esatto. L'attività ha avuto inizio con mio nonno, che si è ingegnato con un motorino di una lavatrice e un fono per togliere la pula dal farro. Quando ha visto che ne valeva la pena, ha studiato metodi più efficaci per riuscirci».
Come mai il farro?
«Ci sono diverse ragioni. Intanto una storica: anni fa da queste parti un contadino scoprì una biga romana, ma ignorandone il grande valore la diede in cambio a un mercante come pagamento per i suoi servizi. Ad ogni modo all'interno della biga vennero rinvenuti alcuni sacchetti che contenevano proprio farro: testimonianza del fatto che, nella Valnerina, veniva coltivato già ai tempi dell'impero».
Un dato importante...
«Certamente. Ma non è il solo. Un altro fatto ha contribuito alla coltivazione del farro: durante la seconda guerra mondiale i tedeschi di passaggio in questa zona requisirono tutto il grano, lasciando la popolazione sprovvista di cibo. L'unica risorsa che rimase loro era appunto il farro, allora utilizzato come mangime per gli animali. Non essendoci altro da mangiare, tutte le famiglie si organizzarono per introdurlo come elemento principe della loro dieta... salvandosi dalla carestia».
Come si dice, “di necessità virtù”.
«Di necessità virtù! Mio nonno, infatti, vedendo quanto quel cereale fosse stato provvidenziale e ben accolto nella tavola dei paesi attorno, pensò bene di coltivarlo con lo scopo di raggiungere un prodotto di altissima qualità».
Per questo il marchio D.O.P. ?
«Esatto. È stato un obiettivo di mio nonno da quando ha cominciato a coltivarlo. Si è subito reso conto delle particolari proprietà che questo terreno e questo clima conferiscono al cereale, che in effetti è ben diverso dalla tipicità toscana. Perfino il colore – più scuro, marroncino – lo contraddistingue. Per dimostrare tutto ciò abbiamo fatto fare diversi esami approfonditi, tutti risolti a confermare il valore pregiato di questo prodotto. Ci teniamo a sottolineare che il nostro prodotto è il primo nel suo genere a ottenere il marchio D.O.P. in Europa».
Curate solo la coltivazione?
«Affatto. La nostra azienda provvede a tutto: è una filiera completa, che va dalla semina, al packaging dei singoli prodotti, al trasporto. Disponiamo infatti di un nostro furgone, se necessario; anche se di solito le aziende hanno i loro mezzi di trasporto con i quali ci raggiungono».
Si tratta di un prodotto bio?
Un prodotto biologico al 100%. Anche se non ci siamo avvalsi del marchio [per scelte commerciali n.d.r.], il nostro processo di produzione è completamente naturale. Non utilizziamo nessun prodotto chimico sui nostri campi, e disponiamo di un territorio, l'Areale, ben isolato rispetto altre coltivazioni o zone antropiche.
Partecipate a qualche evento particolare?
«Difficile. Si tratta di un lavoro a tempo pieno. Siamo presenti alla Sagra della patata di Leonessa, perché è qui vicino... andare più lontano diventa un impegno che per il momento preferiamo non affrontare».
Aspettative per il futuro?
«Ampliare il mercato. Dare a questo prodotto la visibilità che merita e – perché no? - individuare qualche nuovo prodotto da aggiungere alla lunga serie già disponibile attraverso la lavorazione del farro».
ID Anticontraffazione conferito da Eccellenze Italiane n.7559