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Interni del locale

Per Ciro Polge cucinare è una vera e propria arte creativa che si tramanda di generazione in generazione nel pieno rispetto di ricette originali e autentiche che rispecchiano la quotidianità italiana di un tempo. La sua umanità e la sua convivialità sono contagiose e si rispecchiano in ciò che prepara con mestizia e competenza nel suo ristorante. Qui si respira infatti un’inedita serenità misto ad amore e passione.

In questa intervista esclusiva chef Ciro Polge ci racconta la storia e la filosofia che hanno reso Su Misura un ristorante di successo a Parigi.


Com’è nata l’idea di aprire il Ristorante Su Misura a Parigi? Ci racconti un po’ la sua storia?

Su Misura esisteva già. La sua storia nasce con la morte di mio padre. Era un noto sarto italiano della scuola napoletana. Faceva abiti su misura e ha lavorato per le più grandi case di moda italiane di abiti da uomo. Quando è morto abbiamo deciso di chiamare così il ristorante in onore alla sua storia. La nostra cucina è tradizionale e familiare. Offriamo un servizio continuo, lei può pranzare e cenare anche alle 16 o alle 17 usufruendo della formula antipasto, piatto e dessert a 14 euro e 50. Siamo ubicati in un posto strategico e ben ambito all’ombra della Torre Eiffel. È da anni che siamo presenti sul mercato parigino. Possiamo permetterci di offrire prezzi vantaggiosi. Lavoro con fornitori con i quali lavorava anche mia madre. La cucina del Su Misura si tramanda di padre in figlio, di generazione in generazione.




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Esterni del locale


 

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Come il popolo francese ha accolto la cucina italiana del Ristorante Su Misura?

La nostra è una cucina che rispecchia la cucina regionale italiana. Oggi la gente si sposta con voli low cost ed è alla continua ricerca dell’autenticità e dell’originalità. I piatti che vengono preparati al Su Misura sono piatti originali che mia madre ha sempre preparato per anni. Qui si sta diffondendo una cucina qualitativa senza compromessi. I francesi apprezzano la nostra cucina perché è conviviale. È una cucina da condividere e vivere a pieno. È proprio questa caratteristica che piace ai francesi. A loro piace il mangiare autentico. Oltre alla cucina piace l’ambiente. Il nostro è ambiente familiare. Chi viene qui lo fa per lavorare, mangiare, condividere momenti gioiosi con la famiglia. Abbiamo una clientela variegata, una fusione di diverse energie.



Quali sono i piatti più richiesti?

La nostra carta propone i grandi classici. Noi amiamo proporli senza aggiungere sofisticazioni. Richiesti sono l’ossobuco, il vitello tonnato, i risotti preparati senza aggiunta di crema e mascarpone (come si preparavano una volta), le polpette, i brasati, il filetto di branzino, il caciucco. Sono le pietanze che venivano mangiate nel quotidiano. Abbiamo un po’ perso l’abitudine di tramandare di madre in figlia l’arte culinaria e le ricette tradizionali. Noi rimaniamo sorpresi del successo di questo tipo di piatti.  Gettonati sono anche i paccheri col sugo al basilico, il saltimbocca alla romana come lo si fa nella regione del Lazio, la scaloppa alla milanese. Sono piatti che non tramonteranno mai. Cerchiamo di attenerci alla ricetta originale, rendendo semplice la pietanza. Abbiamo esportato questa cucina dagli anni Sessanta e può essere mangiata ogni giorno perché semplice e genuina. Nella semplicità dei prodotti che usiamo risiede la magia del sapore di ciò che creiamo.


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Com’ è strutturata la carne dei vini del Su Misura?

Negli ultimi vent’anni ci siamo ritrovati a cambiare le nostre carte dei vini. Siamo passati da una carta dei vini di medio basso livello ad uno molto alto. Prima avevamo vini classici e molti vini francesi.  Oggi invece offriamo una grande varietà di vini italiani. Non c’è ombra di quelli francesi perché negli ultimi 20 - 25 anni in Italia abbiamo fatto passi da gigante nel campo del vino. La qualità dei vini italiani è arrivata a raggiungere l’eccellenza. Il vino è diventato ormai un culto. Questa è una svolta radicale, di qualità. Abbiamo etichette italiane con prezzi anche accessibili. Abbiamo vini del Trentino, dell’Umbra, Sicilia, Sardegna, Puglia. Siamo fieri di proporre questa qualità autentica.  Oggi il prosecco ha rimpiazzato di prepotenza lo champagne. Non vendo più champagne da tre, quattro anni. Sono orgoglioso di questo cambiamento che ci sta rivalutando come italiani.

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Secondo lei quali competenze e qualità deve possedere un bravo chef al giorno d’oggi?

La prima qualità deve essere l’umiltà. Oggi lo chef è un mestiere che sta uscendo dai binari. Ci sono delle qualità importantissime che alcuni chef d’oggi non hanno. Bisogna saper preparare da mangiare con niente, con pochi ingredienti. Bisogna metterci l’amore, l’umanità, la costanza. Non basta la tecnica. È l’amore e l’entusiasmo che fanno la differenza. Ho lavorato con molti chef francesi e ho avuto modo di spaziare e confrontarmi. Un bravo chef deve rispettare i prodotti che utilizza, i clienti, la sua persona. Deve avere un’anima perché quando si prepara da mangiare si esprime la propria personalità in ciò che si fa, Attraverso il cibo che prepara egli si esprime al meglio.

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Negli ultimi tempi si stanno diffondendo molti programmi televisivi che vedono la cucina protagonista. Lei che ne pensa?

Bisogna fare delle scelte nella vita. Lo chef che è sempre in tv o alla radio non può essere davanti ai fornelli. Il merito ce l’ha chi lo sostituisce. Uno chef non deve essere egocentrico. Questi programmi televisivi trasformano gli chef in “star” e il cibo in “prodotto di  largo consumo”. Non c’è equilibrio tra l’immagine che si propone al pubblico e l’artista che è dietro i fornelli. Oggi siamo nell’era dell’apparire. Per essere bravo uno chef deve apparire attraverso i social e i media. Il vero mestiere però non è questo. Uno chef deve scegliere se diventare protagonista del processo mediatico o essere lo chef di un vero ristorante.

Quanto conta il lavoro di squadra nel suo lavoro?

Il mio rapporto con lo staff è primordiale. È un lavoro di squadra il nostro. È più facile insegnare che educare. Io amo educare il mio personale ma non è facile. Per essere educato il personale deve essere predisposto a ciò. Educare è tutto un altro sistema. Chi educa deve dare l’esempio di quello che deve fare. Ci vuole competenza, umanità, pazienza. Lo staff deve rispecchiare la filosofia del ristorante. La riuscita di un ristorante dipende molto dalla complicità che si instaura all’interno dello staff. Anche con i fornitori si deve instaurare un rapporto umano. Sono complici anche loro della buona riuscita del ristorante.


Quali consigli darebbe ad un giovane ristoratore che vuole diffondere il Made in Italy all’estero?

Prima di mettersi in gioco bisogna imparare le regole del gioco. Molti ristoratori italiani credono che solo sapendo cucinare possono avere un riscontro, una riuscita professionale. Oggi abbiamo a che fare anche con la sfera amministrativa che non ha niente a che fare con il lavoro di cucina.  Molti ristoratori italiani hanno chiuso perché hanno sottovalutato questo aspetto nonostante offrivano cucina di qualità. Bisogna fare il ristoratore dopo aver fatto la gavetta, occupando tutti i ruoli chiave in modo da conoscere bene il sistema e se viene a mancare qualcuno uno deve avere problem solving.

Progetti futuri?

Continuare con costanza. Perdurare nel tempo con questo progetto. Non fare il passo più lungo della gamba. Per sopravvivere bisogna associarsi. Non intendo ciò dal punto di vista amministrativo ma bisogna creare una cooperazione di ristoratori italiani capaci di far valere la qualità del Made in Italy. Il futuro dei ristoranti italiani è unirsi pur rimanendo indipendenti dal punto di vista finanziario rispettando la propria identità e storia.






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Esterni del locale


ID Anticontraffazione: 9292Mariangela Cutrone


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