Piccola Toscana: nel cuore di Parigi un angolo d’Italia
Nella vita, a volte bisogna “buttarsi”. E magari provare a seguire le proprie passioni con il giusto mix di istinto e razionalità che può portare al successo. Ne è un perfetto esempio la storia di Giuseppe Caruso, un tempo ingegnere elettronico, oggi affermato imprenditore nel mondo della ristorazione, proprietario del ristorante Piccola Toscana a Parigi. Dopo 11 anni passati a Londra dietro una scrivania, decide che è arrivato il momento di cambiare e fare dell’amore per la cucina un lavoro. E così si specializza, segue dei corsi di formazione, comincia a lavorare nella ristorazione per alcuni alberghi finché nel settembre del 2017 non gli capita l’occasione che lo stuzzica: rilevare questo piccolo ristorante italiano a Parigi, risollevarne le sorti e convincere i francesi che la nostra cucina non ha nulla da invidiare a quella d’oltralpe.
Il “derby” Italia-Francia è accesissimo in cucina, è riuscito a conquistare la clientela parigina?
«Direi proprio di sì. Il ristorante si trova nel nono arrondissement, a due passi dalla fermata Metro di Poissonniere. È un quartiere ricco di uffici, quindi frequentato prevalentemente da gente del posto. E la nostra clientela ormai è tutta affezionatissima. I francesi apprezzano molto la nostra cucina anche se bisogna trovare il modo giusto per fargliela piacere. A volte bisogna adattare le ricette, senza ovviamente snaturarle, magari togliendo alcuni ingredienti che per il gusto locale non vanno bene. Ad esempio, da siciliano, io adoro la parmigiana di melanzane e in Sicilia la prepariamo con prosciutto e uova, che però qui non piacciono. Quindi la prepariamo solo con mozzarella e pomodoro. Sempre da siciliano, penso alla cassata, poco gradita perché troppo zuccherosa. I cannoli invece, li mangiano due alla volta...» .
Qual è il piatto più apprezzato del suo menù?
«Come spesso accade, si tratta di un piatto nato quasi per caso. È una lasagna al tartufo che ho inventato dopo un turno molto intenso, nel quale avevamo finito il ragù per preparare quella tradizionale. Così, tra le cose che avevo a disposizione, scelsi mozzarella, ricotta parmigiano e crema di tartufo nero. Da quel giorno il piatto non è mai uscito dal menù. Altre portate che vanno forte sono una pasta al nero di seppia con gamberetti, cozze, zucchine e pomodorini e la lasagna bolognese fatta in casa. Tra i dolci invece piace molto un’altra mia invenzione, la Cioccomeliga: dessert a base di mousse al cioccolato, con in mezzo una meliga, un biscotto al burro del nord Italia e poi crema di mascarpone».
Lei ha preso in gestione questo ristorante dal 2017, qual è stato l’apporto che ha dato?
«Ho cambiato radicalmente menù e carta dei vini, ho ristrutturato completamente il locale e cambiato la modalità di gestione. Quando sono arrivato, sembrava di stare in un ristorante di vent’anni fa e ho cercato di portare una ventata di novità, non soltanto a livello di piatti. Ho preso del nuovo personale che lavora in maniera eccellente. Poi ho seguito l’evoluzione tecnologica e siamo sbarcati sui social, sui principali portali di recensioni e prenotazioni. Anche se, in ultima analisi, il passaparola rimane sempre la migliore forma di pubblicità per noi».
.Diceva della carta dei vini, come l’ha strutturata?
«Vendiamo solo vini italiani. Una parte, per ovvie ragioni legate al nome, viene dalla Toscana e quindi Montepulciano, Brunello e Chianti classico di San Fabiano Calcinaia. Da siciliano, poi, ho privilegiato l’inserimento di etichette della mia regione: il Nero d’Avola e lo Shiraz di Cusumano, che piacciono molto, anche in ragione dell’ottimo rapporto qualità/prezzo»
Come si rifornisce delle materie prime necessarie a una cucina di qualità?
«Mozzarelle e burrate mi arrivano due volte a settimana dall’Italia. Prendo tutto il resto del fresco, come legumi, verdure, pesce e carne, al mercato internazionale di Rungis. È un grande polo di distribuzione vicino all’aeroporto di Orly, dove le materie prime arrivano in aereo e quindi sono ancora freschissime».
In poche parole, qual è il segreto del vostro successo?
«Chi entra da noi trova un clima familiare tipico dell’Italia che molti non conoscono. Sembra di stare a casa di amici. Il servizio è molto gioviale, ma allo stesso tempo estremamente professionale, con molta attenzione alla presentazione dei prodotti e alla descrizione di provenienza e caratteristiche. È questo mix il nostro vero segreto, oltre alla qualità dei piatti».
Avete progetti per il futuro?
«Sì, nel 2019 vorrei aprire un altro ristorante. Ma questa volta, partendo da zero, mi piacerebbe caratterizzarlo attraverso la cucina siciliana»