Il Taormina, un ponte tra i sogni di ieri ed oggi
sentendosi come a casa
Zaventem - Dalla Sicilia al Belgio, seguendo una strada lastricata di sogni.
Sogni che, come un'eredità, passano di padre in figlio.
Crescendo, sviluppandosi, puntando sempre più in alto. Come gli alberi, tenendo le radici ben salde a terra e rami rivolti verso il cielo.
L'Hotel Ristorante “Taormina” e la famiglia Mallaci Bocchio rappresentano quella perfetta sinergia tra passato e futuro.
Tra tradizione, sapori della propria terra d'origine ed apertura al nuovo, al miscellaneo, alla voglia di fare e proporre sempre di più, con l'attenzione e la precisione di sempre.
Sig. Lorenzo Carlo, qual è la storia della Sua famiglia e della Sua attività?
«Mio papà è di origine siciliana, è nato a Capizzi, sui Monti Nebrodi. Nasce come macellaio e agli inizi degli anni '80 decise di raggiungere uno dei suoi fratelli che, precedentemente, si era trasferito in Belgio, dove si era affacciato al mondo della ristorazione.
All'epoca mio padre era semplicemente in cerca di un futuro migliore ed ha, inizialmente, continuato a lavorare nelle macellerie. Poi, con i fratelli, aprì un primo ristorante, ma la cosa non funzionò, decise quindi di mettersi in proprio creando, appunto, il “Taormina”.
Il ristorante viene aperto nel 1993, insieme a mia madre. E' stato il primo passo della realizzazione del sogno di una giovane coppia.»
Inizia, quindi, la storia del sogno della Sua famiglia...
«Sì. Mio padre è entrato in contatto con il mondo della ristorazione già quando si occupava ancora della sola macelleria, in Belgio. Qui era di uso comune da tempo l'idea che, all'interno delle stesse macellerie, venissero prodotti piatti semplici, caldi o freddi; in questo modo mio padre ha scoperto la passione e l'amore per la cucina ed ha deciso di intraprendere degli studi per poter ottenere la qualifica di Chef e dar vita al sogno che stava, pian piano, prendendo forma nella sua mente.»
In che modo questo sogno è riuscito a divenire realtà?
«Grazie allo studio e alla dedizione dei miei genitori. Il “Taormina”, in origine, era una piccolissima realtà formata da venti coperti. Oggi sono invece circa duecentotrenta, divisi tra sala interna e terrazza.»
Qual è la direzione che, oggi, seguite?
«La direzione è sempre la stessa. Portare avanti la cucina italiana tradizionale, compresa la pizza cotta nel forno a legna.
Un cambiamento c'è stato, invece, nel 2004, quando mio padre ha deciso di affiancare all'attività di ristorazione, anche quella alberghiera.
L'hotel si è inizialmente presentato al pubblico con sole otto stanze, mentre ad oggi se ne contano quarantanove.»
Le camere dell'hotel sono sobrie e confortevoli
Deliziosi paccheri fatti in casa al pomodoro cigliegino
e scamorza affumicata
Di cosa si compone il vostro menù, e qual è l'idea di fondo?
«La nostra idea, come già accennato, resta costante. Il nostro primo interesse, ad oggi, è quello di portare avanti e far conoscere la cucina italiana tradizionale. Siamo partiti proponendo le ricette più conosciute, quelle con cui anche gli stranieri hanno una certa familiarità, come il ragù alla bolognese o la pasta alla amatriciana. Negli ultimi anni, però, abbiamo deciso di dare spazio anche a quei piatti propri del patrimonio regionale italiano, meno conosciuti dai clienti del luogo. In questo contesto si inserisce, ad esempio, un piatto che mio padre ha da poco inserito nel menù: le casarecce con il pesce spada. Il richiamo, ovviamente, è alla Sicilia.»
Qual è l'approccio di Suo padre nei confronti della cucina? E questa visione in che modo si palesa nella creazione del menù?
«Mio padre è uno chef molto legato all'idea dell'improvvisazione, dell'estro. Ama andare al mercato, la mattina, vedere cosa ha da offrire e creare. Sospinto dalla fantasia. C'è, quindi, una parte del nostro menù estremamente legata alla stagionalità dei prodotti. A tutto questo, va poi ad aggiungersi un'altra parte del menù costruita e composta da elementi e piatti perfezionati e collaudati da tempo.»
Come vi organizzate in merito alla ricezione delle materie prime?
«Alcuni prodotti, come la pasta, sono di nostra produzione. Abbiamo poi, in Belgio, un distributore di prodotti italiani che non sempre si trovano con facilità, ad esempio: tartufo, mozzarella di bufala, prosciutto San Daniele. In altri casi, sono i miei genitori, in prima persona, ad occuparsi dell'importazione di alcuni prodotti. Qualche anno fa, ad esempio, siamo riusciti ad importare circa duemila litri di olio d'oliva, provenienti dalla Puglia.»
La selezione di vini com'è composta?
«Abbiamo esclusivamente vini italiani.»
Per ciò che concerne la vostra clientela, com'è composta?
«Avendo implementato l'attività di ristorazione con quella alberghiera, la nazionalità dei clienti che decidono di sedersi ai nostri tavoli è molto eterogenea. Tra l'altro, ci troviamo in una posizione estremamente strategica, in vicinanza dell'aeroporto, che ci consente di ospitare una infinita varietà di culture e palati.
Azzardando ad effettuare una piccola stima, a pranzo ospitiamo tendenzialmente una clientela legata al mondo del business sia straniera che locale, mentre a cena la situazione è molto più varia; si aggiungono famiglie, gente del luogo curiosa di provare nuovi sapori e, ovviamente, i clienti del nostro hotel.»
Il vostro staff, invece, com'è composto?
«La nostra attività è a conduzione familiare, quasi per la totalità. Abbiamo poi dei ragazzi che con noi collaborano, in sala ed in cucina e sono tutti italiani.»
Tornando per un istante alla composizione del vostro menù, esiste una qualche contaminazione con la cucina locale?
«Cerchiamo di dare spazio anche a quella, ponendo sempre un piccolo accento italiano. Come segno distintivo e di riconoscimento. Esempio molto calzante, in questo senso, sono le nostre pappardelle con foie gras, elemento tipicamente francese, impreziosite dall'aggiunta del prosciutto di Parma. Posso anticipare che proprio l'elemento fusion sarà molto importante per il prossimo passo del “Taormina”.»
Ce ne parli.
«Stiamo pensando ad un rinnovo che dovrebbe partire in estate. L'idea è quella di avvicinarci maggiormente all'idea del “fine dining”, proiettarci verso un universo gourmet. L'anima, che verrà assolutamente mantenuta, resta quella italiana ma c'è la voglia anche di poter garantire ai nostri ospiti la possibilità di avvicinarsi ad elementi propri della cucina belga. Abbiamo pensato all'inserimento di un lounge, che parlerà anche italiano, a partire dagli elementi di décor per i quali, l'elemento principale sarà il marmo di Carrara. L'idea è quella di mantenere ben salde le radici italiane, ma di poterci spostare in un orizzonte fusion. Tutto questo è una metafora della mia stessa famiglia: mio padre, Giuseppe, chef ed origine di tutto questo, rappresenta le forti radici a cui rimaniamo legati, mentre io rappresento la voglia di poter continuare a sognare, esattamente come hanno fatto i miei genitori, anni fa. L'unione di questi due elementi ritengo sia il giusto equilibrio da mantenere e seguire.»
ID Anticontraffazione di Eccellenze Italiane n. 8191
Di Liliana Squillacciotti