Da Silvano a Torino: ci vuole tempo per fare un gelato d’altri tempi
È una delle gelaterie più antiche di Torino e resiste ancora grazie a un segreto che sta tutto nel suo nome: si parla di Silvano, Gelato d’Altri Tempi, in Piazza Carducci, tra il centro e il Lingotto. Il gelato fatto come una volta, senza basi pronte e con processi interamente artigianali. Perfezionati grazie alla dedizione e allo studio della titolare, Alessandra Gerardello, che ha voluto “fissare” la bontà delle antiche ricette specializzandosi in chimica.
«Il locale è aperto dagli anni ‘50, ma è diventato una gelateria solo intorno agli anni’60. Una delle prime di Torino. È ancora un business di famiglia, in bassa stagione siamo in sei, noi titolari compresi: il gelatiere è mio marito nonché mio socio, sta qui da 27 anni. Mandiamo avanti la vecchia tradizione, utilizziamo ancora le antiche ricette. Che però ho voluto approfondire e interiorizzare con lo studio della chimica. Mi è servito per capire come mai il gelato fatto in maniera tradizionale sia più buono, Così sono anche riuscita a perfezionare le tecniche tradizionali. Ad esempio miscelando diversi tipi di zuccheri, come destrosio, saccarosio e via dicendo, in precise dosi».
Cosa vuol dire esattamente che utilizzate ancora la tecnica tradizionale?
«Nel gelato mettiamo solo latte fresco e uova rotte a mano. Non usiamo nessun tipo di polvere o prodotto liofilizzato. Prepariamo da noi tutto quello che serve, anche se il procedimento richiede molto tempo. Ad esempio per il gelato alla crema di riso stracuociamo il carnaroli per 3 ore nel latte, prima di passare alla produzione vera e propria. E per gli altri gusti, prima pastorizziamo tutte le basi, poi passiamo alla mantecatura, offrendo un gelato non troppo freddo, ma cremoso e avvolgente».
Quanti gusti offrite e quali sono i vostri cavalli di battaglia?
«Non tantissimi, per privilegiare la quantità. Comunque sono un po’ meno d’inverno, un po’ di più d’estate, sempre in piccole quantità, per offrire il massimo della freschezza. Abbiamo ricevuto dei premi per il nostro gusto al caffé e alla gianduia che è anche la protagonista della nostra ultima creazione. Si chiama “Givu1865” ed è un gusto gelato che omaggia il gianduiotto non solo nel nome (così, originariamente, si chiamava il cioccolatino a base di pasta di nocciole e cacao, ndr) ma anche nel gusto. È prodotto senza latte, non ha la freddezza del gelato e al cucchiaino sembra di assaggiare un prodotto di pasticceria più che di gelateria. Comunque i gusti vengono cambiati in base alla stagionalità: ad esempio sotto natale offriamo il gelato al panettone, non mantecato interamente, ma costruito a strati l’uvetta. Stesso discorso e tecnica per quello al tiramisù. Ad ogni modo i nostri gusti più famosi sono la crema di riso, il marron glacé e la crema classica. In più siamo noti anche per il “minitaglio”, un caffè servito con tre punte di gelato alla crema e per il gelato senza glutine».
In poche parole, qual è il segreto del vostro gelato, e dunque del vostro successo?
«Il mix tra l’antichissima tradizione, l’artigianalità, la ricerca, e anche la storicità del nostro marchio»
Ci sono progetti nel vostro futuro?
«Guardiamo sempre avanti per cercare nuovi gusti e raffinare quelli attuali. Questo è il nostro futuro. Abbiamo avuto molte offerte per aprire nuove sedi, anche all’estero, per esempio a Dubai. Ma abbiamo sempre preferito dire di no, nonostante l’evidente ritorno economico, perché saremmo impossibilitati a seguire passo passo la produzione, come facciamo ora. Serializzando il processo, inoltre, perderemmo il fattore artigianalità».