Ristorante MaRiNa
CATEGORIA: ristorantiID ANTICONTRAFFAZIONE N.2657
Cucina di pesce con eccellenza di prodotti, sorprendente per pulizia e linearità!
Pino Possoni si siede al tavolo, perchè comporre il menù è una cosa seria: ci si può giuocare, ma non ci si scherza. Quindi ti racconta a voce gli arrivi del giorno "in aereo, dalla Sicilia", e ti suggerisce qualche contaminazione, qualche assaggio imperdibile. Basta questo per comprendere il carattere del tutto particolare di questo ristorante innestato in un dimenticabile condominio del dimenticabile hinterland dell'Insubria celtica: a Olgiate Olona.
Al tavolo "cosine" per iniziare, dice Davide: seconda generazione, in sala da quando era neonato ma ancora capace di mostrare il brillio d'occhi dell'entusiasta se l'avventore lo segue nelle scelte meno scontate: una nervosa Vitovska di Vodopivec, un ferruginoso Kaplia di Podversic. Perfetti per i piatti bidimensionali che si susseguono: non elzeviri ma racconti brevi, essenziali, precisi.
La coppa di gamberi sulla crema di fragole e pomidoro, bella copia dell'icona seventies cocktail di gamberi al rosa; la dolcissima capasanta appoggiata ad un robusto caprino.
Tra le entrate "vere" posto di pregio per lo scampo crudo appena vergato di balsamico, furiosamente marinaro eppure ancora elegante, quasi un cristallo; ancora il trionfo di nitore del Gambero Rosso di Sicilia sfiorato dal miele di melata adagiato su una minimale crema di patata. L'esplosione è vicina, con le teste fritte intere e completamente commestibili, un tuffo dove l'acqua è più blu.
L'aragosta viene viva dal Sudafrica: l'hai servita sulle stoviglie preziosamente decorate, scaloppata e ricomposta a crudo, con un idizio di pesto ai capperi, pomidoro secchi e balsamico, a completare il giro attorno al palato. E ancora il piattone epico di mazzancolle colla trippa, servita in due maniere: in parte frullata con le verdure, in parte a frammenti, avvertita al tatto in matrimonio turnario con i pochi, eccellenti fagioletti e la ricottina ridotta a mousse. Generosità travolgente che si paga in un filo di nebbiosità in più nel totale: ma è questione quantica.
Gli gnocchi sono morbidi ma sodi, godevoli, facili ad arrampicarsi sui carciofi e sui crostacei al seguito: boccone primario ma di saggezza artigiana, capace di appagare senza stordire.
A finire, i friggitorismi: le rare, perfette moeche di tradizione chioggiotta, e i sontuosi calamari spillo appena sfiorati dall'olio, cremosi e palpabili come dev'essere. Sapore a josa, senza risparmio.
Chiude la cucina, apre la pasticceria: la colomba liquida con il fiordilatte, la millefoglie colle mele, sono rassicuranti tocchi di dolcezza d'altri tempi, ma non saranno il marchio a fuoco della serata. Un cioccolatino e una scorzetta candita chiuderanno la cavalcata.
Cucina di prodotto dicevamo, quella di Rita Possoni, senza compromessi: suonata sullo spartito del "meno, meglio". E dove il principio di sottrazione viene meno, raramente per la verità, il piatto si fa più tondo, più orecchiabile, e più sdrucciolevole. Dove la mano sfiora solamente la materia, la solida Casa di Olgiate saprà fornire una prova cristallina di cucina di pesce, appagante ed anche saziante. Il servizio in sala è amorevole, sostenuto anche da una cantina di peso. Tra le pieghe anche qualche selezione di ricerca.
Il conto è importante, ma del tutto adeguato alla magnificente qualità del pescato, e la sosta gratificherà l'avventore in pari misura.
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