La Cantina dello Chef da Natuccio
Passionale e fantasiosa è dir poco quando ci si imbatte nell’arte culinaria dello chef Giuseppe Di Gaetano, colui che conduce magistralmente la celeberrima Cantina dello Chef da Natuccio a Marcianise, provincia di Caserta. Una cucina che è una sorta di laboratorio del gusto dove Giuseppe Di Gaetano elabora con meticolosa cura ogni piatto, esplorato in ogni suo dettaglio. Aromi e colori che fanno immediatamente scaturire irrefrenabili domande allo scopo di carpire i segreti che stanno dietro le creazioni dello chef.
Chef, ci racconti del suo avvio all’arte culinaria.
«Sono nato in cucina con mia mamma. Avevo dodici anni quando ho iniziato ad imparare l’arte di fare la pizza. Appena diciottenne mi sono misurato con la ristorazione, facendo sempre affidamento nei preziosi consigli di mia madre, mio padre e mio zio, profondi conoscitori di questo settore. Ho cominciato fin da ragazzo a scoprire ciascuno degli ingredienti che lavoravo, ogni prodotto e la modalità più consona per cucinarlo. Per anni ho esercitato come chef executive del “Ristorante Rosso Corallo”, portandolo ancor oggi nel mio bagaglio professionale. La Cantina dello Chef da Natuccio nasce all’interno di una cantina che esisteva da 130 anni, da me rilevata un anno fa e trasformata in chiave moderna».
Questa sua decennale esperienza quanto influisce nella sua cucina?
«La prima fase fondamentale trasmessami dagli insegnamenti dei miei è l’amore per i prodotti che stai lavorando. È questo l’approccio che utilizzo prima ancora di pensare a una pietanza, prima di proporla ai miei clienti. “Scoprire il prodotto prima di cucinarlo”, questo è il mio motto. Assaporare la sua essenza, capirlo fino in fondo per scoprirne le sue potenzialità una volta cucinato. Sono partito dalla cucina tradizionale reinterpretandola fino ad arrivare ad elaborazioni abbastanza particolari. Non nascondo che osservo sempre con attenzione gli altri chef stellati, da Cannavacciuolo a Cracco solo per citarne alcuni, ma senza seguire le loro tecniche: ogni piatto deve essere “mio”, frutto del mio vissuto con la pietanza che sottopongo al tavolo del mio ristorante».
Tra le sue elaborazioni culinarie, quali sono quelle che la emozionano maggiormente?
«Positano, ad esempio, è un piatto che è stato creato con amore e passione, una sorta di scrigno dei prodotti semplici del territorio, un piatto che quando lo gusti finisci per innamorartene: una base di olio e aglio, acciughe, capperi, olive, prezzemolo e pan grattato, il tutto amalgamato con uno spaghetto e una spolverata di pecorino romano sopra. Che dire poi della Castellammare, un vero “incrocio” di sapori del territorio: una pasta i cui ingredienti sono le patate e le cozze imbiancate da pecorino romano; una “calamarata” che trasuda contemporaneamente la gastronomia di Marcianise e quella di Castellammare di Stabia. Un altro piatto a me particolarmente caro è la revisione dello Zito napoletano - preparato da me con una lunghezza maggiore (30 centimetri) rispetto al taglio classico – affogato in sugo “alla napoletana”, con lardo e alloro, ricotta fresca di pecora: un piatto la cui semplicità rimanda alle antiche tradizioni partenopee. Ho ripreso molti dei piatti tipici del territorio, come il brodo di rana, il baccalà e la zuppa di anguilla: tutti piatti che da ogni parte d’Italia venivano a gustare alla Cantina, da me rivisitati quando l’ho rilevata. Non a caso sulle divise abbiamo riportato “La prima taberna della rana”».
Ogni pietanza manipolata dal Giuseppe Di Gaetano è, insomma, un regalo ad altissimo potenziale sensazionale per il palato dell’ignaro cliente del suo ristorante. Giunto al tavolo quel piatto finisce per coinvolgere inevitabilmente anche gli altri sensi – considerandone i colori, gli aromi e le ammalianti consistenze - trasmettendo tutto l’amore e la passione messi in opera dal suo creatore.
Di Rosario Ribbene
ID conferito da Eccellenze Italiane n. 8120