Bali, la bottega dei ricordi
I ricordi. Quelli che l'executive chef Luigi Calcagno rielabora e trasforma in assaggi della propria passione.
Cittadino del mondo, con origini italiane. Quelle stesse origini che ha deciso, con non poche difficoltà, di mettere in valigia e portare con sé in ogni tappa del proprio viaggio personale. Oggi è a Bali, domani, probabilmente, sarà a San Francisco. Dopodomani, ovunque avrà il desiderio di portare la propria arte.
Le “Botteghe Italiane” che sono già nate, ed anche quelle che nasceranno, rappresentano un interessante anello di congiunzione tra il “fast” ed il “gourmet”. Un luogo in cui poter assaporare la pasta fresca fatta in casa ed il pane appena sfornato, potendo far affidamento su standard sempre alti.
Le realtà create da Luigi Calcagno rappresentano un ottimo esempio di esportazione di “Made in Italy” di qualità e di dimostrazione che tutto ciò che viene fatto con passione porta ad ottimi risultati.
Da dove nasce la scelta di Bali? Ci racconti la sua storia.
“In realtà, partiamo dal fatto che ho vissuto in Italia per quindici anni. Ma ho vissuto anche molto all'estero. Sono nato in Lussemburgo e ho vissuto lì fino ai quattordici anni. Poi mi sono spostato in Umbria, poi a New York, ed altre tappe in Europa. In realtà, l'Asia è stata solo un passo successivo. Ho vissuto più all'estero che in Italia.”
Cosa significa trasportare la cucina italiana che è, tendenzialmente, molto legata alla tradizione in un contesto così diametralmente opposto in merito a sapori, odori e cultura gastronomica?
“E' la cucina che voglio per me stesso, solitamente. E' una cucina basata sui ricordi di posti in cui ho mangiato. Ricordi che ho raccolto intorno alle tavole di determinate famiglie, o in luoghi che, in Italia, mi hanno colpito particolarmente. Dalla memoria di questi ricordi ho deciso di elaborare dei piatti che piacciono a me. Che nascono, in primo luogo, per me stesso.”
Qual è, principalmente, la sua clientela?
“Bali è una città internazionale. Come New York, Ibiza o Miami. C'è gente che viene da tutto il mondo, quindi c'è un incontro continuo di culture. Gli standard sono alti e bisogna mantenerli tali. La nostra clientela abbraccia in maniera omogenea ogni target: abbiamo clienti del luogo, che si avvicinano ad una cucina diversa, persone che magari sono in vacanza e che si imbattono in una delle nostre realtà sul territorio, ma anche persone spinte dalla voglia di far parte di veri e propri tour dichiaratamente gastronomici. Quindi, in questo contesto, si diventa una vera e propria tappa di un percorso culinario, intrapreso spesso da persone provenienti da Singapore, Shanghai, Bangkok, Hong Kong.
Come dicevo, Bali è una città estremamente internazionale, lo sono, di conseguenza, anche gli avventori dei ristoranti. Si può incontrare davvero chiunque. Persone provenienti dai più disparati angoli del globo: dall'Australia, dal Giappone, dall'India, dall'America. Con una particolare presenza di francesi e, ovviamente, di italiani. ”
Il Suo percorso a Bali si sta evolvendo e sta crescendo da Zibirù a Bottega Italiana, ci racconti.
“Abbiamo creato un diversivo che è un po' più semplice. Mantenendo ovviamente alto il livello dei nostri standard ed inalterata la nostra linea di pensiero. L'idea mi è venuta tornando dal Giappone.
Ho avuto voglia di creare una sorta di alimentari all'italiana, più ordinato. Un luogo dove ci fosse l'opportunità di mangiare, ad esempio, pasta fresca appena fatta. Prodotti nostri, preparati la mattina, per poi essere serviti nel contesto della Bottega. Il concept che voglio portare avanti è quello di uno “smart bistrot”, con degli orari di apertura mattutini e la cui cucina resta aperta fino alle 09.00 p.m.”
Come viene portata avanti la selezione delle materie prime?
“C'è ovviamente la possibilità di avere dei prodotti dall'Italia, come ad esempio il prosciutto di Norcia. Molte materie prime vengono poi prodotte da noi, nei giardini che abbiamo a disposizione. Prodotti che sono alla base della tradizione culinaria italiana come pomodori, melanzane, erbe aromatiche.”
Ci racconta qualcosa in merito al suo gruppo di lavoro?
“Il mio primo ristorante a Bali, “Zibirù”, è nato grazie anche alla collaborazione, per un anno, con Simone D'Antonio, il cui posto è stato poi occupato da Giotto Catiglioni, un produttore di vini anch'egli operante a Bali. Fortunatamente ho sempre avuto chi potesse darmi una mano sul fronte del marketing, la mia compagna, Lisa Tan. Da un anno a questa parte si è aggiunto Mauro Piluddu.
Tutte le persone citate mi hanno aiutato a tirare su quelle che, oggi, sono delle splendide realtà. Chiunque abbia fatto parte di questo percorso non è mai stato considerato un “dipendente”, bensì un “socio”, ed ho voluto dare, appunto, l'opportunità concreta di investire nel progetto.
Ad oggi, sia Mauro che Lisa sono soci di “Bottega Italiana”. Mauro, inoltre, è anche gestore di “Zibirù”.
Si è aggiunto al gruppo di lavoro anche Andrea Torelli, un partecipante alla quinta edizione di Masterchef Italia, che ci ha raggiunto a Bali dopo aver lavorato con Cannavacciuolo per un anno. Ci stiamo credendo!”.
Progetti per il futuro?
“Per ora è bene concentrarsi su questi progetti che stiamo portando avanti a Bali, però stiamo cercando di proiettarci verso la California, San Francisco. Vorremmo fare un altro passettino, cercheremo di mettere una bandierina anche lì.
Ed anche in questo caso, la scelta di San Francisco è profondamente personale. Voglio portare lì la mia cucina, perché mi piace quel posto. La mia cucina parte da me. Se qualcosa si fa con piacere, con gusto, probabilmente verrà meglio.”
ID Anticontraffazione di Eccellenze Italiane n. 8179, 8180, 8181
di Liliana Squillacciotti
Si ringrazia Tommaso Riva per il materiale fotografico