Le Milazzo: in Provenza la pizza è “made in sud”
Galeotto fu lo Stretto e chi lo attraversò. Madre di Messina, papà di Reggio Calabria, ma Albert Facciolo è nato e cresciuto in Francia. Ha sempre avuto l’Italia nel cuore, però, nel DNA, si potrebbe osare, visto che ha cominciato lavorare nella ristorazione spinto dalla passione per la cucina. Arrivato al suo quarto ristorante ha deciso di darsi alla pizza, aprendo “Le Milazzo” pizzeria a Eguilles, piccolo paese vicino Aix en Provence. L’amore per il piatto più conosciuto al mondo glielo hanno trasmesso i suoi amici pizzaioli. E non pizzaioli qualsiasi: uno è il campione del mondo Paolino Bucca, conosciuto come il “Ronaldo della Pizza” per i virtuosismi manuali, l’altro pure è un iridato, Leone Coppola da Gavirate, riuscito a mettere le mani sul titolo mondiale per due volte in carriera.
«Ho sempre lavorato nella ristorazione, perché mi piaceva cucinare sin da bambino - spiega Albert - poi gli amici pizzaioli mi hanno confidato alcuni loro segreti e ho deciso di partire con questo nuovo locale. Abbiamo aperto poco più di un anno fa, a febbraio del 2017, anche se la mia esperienza da pizzaiolo è cominciata ben 10 anni fa»
Ha detto che ha sempre lavorato nella ristorazione, “Le Milazzo” offre altro oltre alla pizza?
«Abbiamo anche una carta da ristorante. La cuoca è bolognese, facciamo cucina italiana e, per motivi affettivi, abbiamo un occhio di riguardo per le specialità siciliane. Arancini, cannoli, braciole. Anche se il piatto che vendiamo di più, pizza a parte, è la cotoletta alla milanese. I nostri clienti sono principalmente francesi, ma molti italiani che abitano qui vengono a mangiare da noi e ci dicono che tutto quello che provano è buono come in Italia».
Come nasce la vostra pizza?
«Partiamo da una base di farina ai 7 cereali, di tipo “0”, quindi di grano tenero, che prendiamo in Italia. Per farla maturare utilizziamo lievito secco naturale. Il processo non dura mai meno di tre giorni».
Vi ispirate alla tradizione napoletana o a quella romana?
«In realtà cerchiamo di prendere il meglio da entrambe le “scuole”. La nostra pizza ha un bel cornicione, ma la base è più croccante rispetto alla pizza napoletana, per via della cottura più prolungata. Oltre alle classiche pizze “all’italiana” abbiamo anche una selezione di pizze Gourmande e delle pizze “a metro”».
Qual è la pizza che va di più?
«La pizza “Italia”, condita ovviamente con ingredienti che ricordano la nostra terra d’origine: rucola, prosciutto crudo, mozzarella di bufala, aceto balsamico e scaglie di parmigiano».
Avete dei vini italiani in carta ?
«Sì, praticamente vendiamo solo etichette italiane, solo due di quelle che offriamo sono francesi. Anche le birre che abbiniamo alle pizze sono italiane».
Cos’è che vi distingue dalle altre pizzerie nella vostra città?
«La cura per l’impasto e anche l’accurata selezione degli ingredienti: il 99% delle cose che usiamo per le preparazioni viene dall’Italia, pochissime altre, come funghi e cozze, per ovvi motivi, siamo costretti a prenderle qui».
Avete avuto qualche riconoscimento particolare?
«Come ristorante ancora no, abbiamo aperto da poco, ma personalmente sono arrivato 29esimo al mondiale della pizza su 445 concorrenti. E poi sono il responsabile per la Francia dell’’Unione Pizzaioli Italiani».
Progetti per il futuro?
«Ripeto, siamo ancora giovani come locale, non vogliamo correre. Per il momento le cose vanno bene e puntiamo a continuare così. Abbiamo trovato il giusto equilibrio, pensare già di espandersi, in questo momento, vorrebbe dire rinunciare alla qualità e puntare sulla quantità. Non è da noi».